
Ad oggi, educare al corretto utilizzo del web è un dovere di qualsiasi genitore, educatore ed insegnante che voglia essere attento ai bisogni, alle necessità ma anche alle fragilità dei bambini e degli adolescenti. Questi, infatti, ogni giorno della loro vita si trovano immersi in una realtà in cui Internet è un mezzo per la definizione del proprio Sé e del contesto circostante.
(qui troverai un intero articolo dedicato al tema delle nuove generazioni)
La società odierna dà più importanza all’apparire che all’essere, e i comportamenti di cyberbullismo vengono estremizzati dall’amplificazione dei social network dando spazio e importanza ai comportamenti dei cyberbulli, che con le loro “prodezze” danno spettacolo a migliaia di visualizzatori.
Ecco che per prevenire questi fenomeni è necessario partire dall’educazione e una giusta informazione di famiglia e scuola, contesti di riferimento degli adolescenti.[1]
L’evoluzione del bullismo
A partire dagli ultimi anni, il fenomeno del bullismo ha mutato la sua forma assumendo l’aspetto di cyberbullismo. Ciò è legato alla diffusione delle nuove tecnologie, fattore che ha cambiato le abitudini dell’intera società e che ha portato con sé anche molte problematiche, soprattutto nel mondo degli adolescenti e dei pre-adolescenti.
Innanzitutto, si rende necessario dare una definizione al termine cyberbullismo, inteso come
“un atto aggressivo, intenzionale e ripetuto nel tempo, perpetrato da un gruppo o da un singolo contro una vittima, attraverso l’uso delle nuove forme di comunicazione.“
(Smith & al., 2008)
Le sue manifestazioni possono avvenire con la divulgazione di immagini (foto o video) imbarazzanti o intime, con il furto d’identità, l’emarginazione di un soggetto dal resto del gruppo, o con l’invio di messaggi contenenti minacce. Non sono rari fatti di cronaca molto gravi in risposta a ciò.
A differenza del bullismo, il cyberbullismo è molto più invasivo e subdolo, perché il bullo riesce ad insinuarsi anche all’interno delle mura domestiche della sua vittima in qualsiasi momento della giornata, semplicemente grazie alla connessione internet, pubblicando immagini, video, o inviando messaggi, e facendo sì che la sua vittima non possa difendersi.
Ad oggi, il 34% del bullismo avviene online, e il 35% di giovani dichiara di esserne stato vittima (ma solo la metà ne ha parlato con i genitori).
Il soggetto-vittima può reagire modificando il proprio comportamento (ad esempio assumendo condotte delinquenziali, minor rendimento scolastico, sviluppando dipendenze – alcolismo o tabagismo – o, ancora, isolandosi) o sviluppando emozioni negative (come rabbia, tristezza e ansia sociale fino ad arrivare a depressione).
La persona in questione si sente abbandonata e sola, e solitamente ha bassa autostima. Tutto ciò non è certamente favorito dal fatto che la maggior parte delle interazioni odierne avvengono “online” e quindi prive di presenza fisica, cosa che fa sentire il soggetto ancora più solo e abbandonato a sé.
Non una, ma più forme di manifestazione[2]
- Harassment – “molestia” – consiste nell’invio ripetuto di messaggi offensivi e disturbanti tramite dispositivi elettronici;
- CyberStalking, fenomeno legato all’harassment nel momento in cui la vittima inizia ad avere paura a causa dell’insistenza del cyberbullo e della diffusione di sue foto e/o video;
- Flaming, insieme di messaggi elettronici contenenti termini volgari durante giochi e videogiochi, una sorte di battaglia verbale;
- Denigration, diffusione di pettegolezzi online per danneggiare la reputazione e le amicizie di un coetaneo;
- Impersonation, ovvero furto d’identità. Il cyberbullo si spaccia per la sua vittima per inviare messaggi e contenuti che vanno a ledere la sua immagine e le sue amicizie;
- Outing and Tricker, diffusione di registrazioni audio per diffonderle sul web;
- Exclusion, detto anche “bannare”, ovvero escludere un soggetto da un gruppo (WhatsApp, di gioco online, da una chat, etc.);
- Cyberbashing o Happy Slapping, ovvero la registrazione video di un evento in cui la vittima viene picchiata da uno o più coetanei per poi pubblicarlo su internet.
Campanelli d’allarme
Vediamo insieme i principali campanelli d’allarme:
- Isolamento, anche scolastico oltre che sociale, perché i bulli possono essere anche dei compagni di classe o di scuola;
- Aumento di irascibilità e ansia durante e dopo l’utilizzo dei social;
- Rifiuto nella condivisione con i genitori di informazioni sul proprio account e sulle proprie attività online, nel tentativo di nascondere ciò che sta avvenendo ed evitare un confronto doloroso o imbarazzante; -> consiglio: stabilire regole sull’utilizzo dei social e dei dispositivi, in cui è previsto anche l’utilizzo di password e account condivisi in modo da difenderli
- Perdita o aumento improvvisi di peso, nausea, mal di testa;
- Insonnia e difficoltà a dormire o, al contrario, aumento di sonnolenza anche durante il giorno;
- Disinteresse generalizzato nei confronti delle attività svolte normalmente;
- Depressione o attuazione di comportamenti devianti e antisociali;
- Il sintomo più grave ed estremo, si verifica quando i ragazzi iniziano a parlare di suicidio. In tal caso, occorre rivolgersi a uno specialista e indagare più a fondo ciò che sta accadendo nella loro vita.
Cosa possiamo fare per aiutare i nostri figli?
Essendo questo un tema molto delicato, dobbiamo innanzitutto partire dalla prevenzione.
Parliamo con loro della sicurezza legata al mondo della tecnologia, informandoli che anche questo può diventare un luogo pericoloso. Insegniamogli la privacy, e quindi cosa è appropriato pubblicare e cosa non lo è.
Condividiamo con loro l’esperienza della navigazione del web, finché non saranno capaci di utilizzarla da soli, soprattutto quando molto piccoli, accompagnandoli.
Impariamo dai nostri bambini, che molto spesso sono più agili nell’utilizzo di internet, anche se spesso poco consapevoli.
Rispettiamo i loro interessi. I bambini di oggi sono nati e cresciuti con internet, pertanto le nuove tecnologie caratterizzano la loro esistenza e sono mezzi che li affiancheranno per tutta la vita, oltre a poter rappresentare una grande fonte di opportunità se utilizzati nel modo adeguato. Inoltre, occorre considerare che non sempre i “grandi” vengono interpellati nelle loro richieste d’aiuto, un po’ per timore e un po’ per vergogna. Proprio per questo, è necessario avere la loro fiducia ed essere ben sintonizzati su quelli che sono i loro bisogni ponendoci come “attenti osservatori” dei loro comportamenti e atteggiamenti, in modo da cogliere tempestivamente i cambiamenti improvvisi e i campanelli d’allarme.
Dovremmo sensibilizzarli il più possibile, facendogli capire che non c’è nulla di male nel chiedere aiuto agli adulti e che il cyberbullismo è una forma di violenza assai grave che va combattuta insieme.
Dott.ssa Chiara Solimé
Riferimenti:
[1] Bilotti, A. (2019). Dal cyberbullismo al sexting. Come aiutare figli, genitori ed insegnanti ad affrontare i rischi legati alle nuove tecnologie. Italia: Homeless Book)
[2] Smith et al., 2006